La Sezione nazionale di Ricerca “Profondo cielo” dell’Unione Astrofili Italiani (UAI) mette a segno un altro importantissimo risultato. Gli esperti Alessandro Falesiedi e Mario Lovrencie – coordinati da Giuseppe Donatiello, responsabile della Sezione – hanno trovato evidenze di un debolissimo candidato Resto di Supernova (SNR) nella costellazione di Pegaso. La scoperta dell’oggetto, denominato G82.9–29.2 dai ricercatori dell’UAI, è stata pubblicata sulle pagine di Research Notes della Società Astronomica Americana (AAS) al seguente link: https://iopscience.iop.org/article/10.3847/2515-5172/ade4cc
G82.9–29.2 è il primo candidato Resto di Supernova individuato da astrofili italiani dell’UAI. “Sin dal suo rilancio, nel 2019, la Sezione nazionale di Ricerca Profondo Cielo, si è posta l’obiettivo di studiare gli oggetti deep-sky secondo criteri scientifici – spiega Giuseppe Donatiello – In ambito amatoriale, specialmente in Italia, poco o nulla era stato fatto e tutto si limitava alla pedissequa osservazione visuale e fotografica, senza alcuna velleità di scoperta a causa dell’errata convinzione che per gli appassionati non ci fosse molto da fare. Eppure, già da qualche tempo, alcuni astrofili si erano distinti per alcune clamorose scoperte. Con tutta evidenza, astrofili organizzati e motivati potevano conseguire risultati rilevanti, specialmente ricorrendo all’astrofotografia ultra-profonda. A tal proposito – prosegue l’esperto – la Sezione Profondo Cielo ha predisposto dei programmi nazionali con l’accortezza di non trascurare nessuna classe di appassionati sia sul fronte dell’esperienza sia della strumentazione. Anzi, sono stati favoriti programmi che non comportassero la necessità di strumentazione complessa o costosa. Uno di questi programmi, tuttora in corso, si prefigge di studiare i gruppi delle grandi galassie vicine alla nostra, rientranti nel cosiddetto Consiglio dei Giganti”.
Alessandro Falesiedi, astrofilo di 53 anni di Viterbo, primo autore dell’articolo scientifico, ha sempre nutrito un grande interesse per i resti di supernova (SNR), cioè quelle particolari nebulose di aspetto filamentoso prodotte dall’esplosione di una stella di massa non inferiore a 8 volte il Sole. Entro tali SNR, talvolta, è presente il residuo compatto, costituito da una stella di neutroni. L’attenzione è stata riposta in un particolare filamento di idrogeno ionizzato in Pegaso che non esibiva alcuna fonte ovvia ionizzante. Questo filamento si proiettava all’interno di un esteso complesso di cirri galattici di polveri, simile a una cavità. Il filamento è rilevabile con esposizioni abbastanza lunghe. Pur non essendo stata trovata alcuna denominazione ufficiale nei cataloghi più comuni, non è stata rivendicata alcuna scoperta dello stesso poiché compare in più survey professionali, come la vetusta Dss2. Tuttavia, il filamento rappresentava un forte indizio per cercare evidenze a supporto dell’ipotesi di un possibile SNR. Allo scopo, sono state predisposte delle sessioni fotografiche ultraprofonde mediante filtri a banda stretta per rivelare la presenza, oltre che di H-alfa, di sorgenti in [OIII] e [SII] che sappiamo essere strettamente legate all’evoluzione stellare e “firme chimiche” delle nebulose planetarie (PN) e SNR.

Il Responsabile della Sezione nazionale di Ricerca “Profondo cielo” dell’Unione Astrofili Italiani Giuseppe Donatiello
Le immagini – realizzate con l’aiuto di Mario Lovrencie, astrofilo di 45 anni di Castiglione Fiorentino, Arezzo – hanno restituito l’evidenza di deboli ma inequivocabili emissioni in tali bande spettrali, ancora una volta in assenza di evidenti sorgenti ionizzanti. Il fatto di rilevare tali emissioni non rappresenta però una prova robusta. Sono state quindi organizzate nuove sessioni per avere altri dati, sia con telescopi (C14 e C11) e astrocamera QHY 268 sia – dato da evidenziare – con semplici obiettivi fotografici di corta focale, da 50 a 135 mm. “Per fare scoperte non servono grandi strumenti – sottolinea Giuseppe Donatiello – Proprio gli obiettivi sono stati decisivi per produrre le prove migliori, evidenziando la presenza di un anello quasi completo in [OIII] e la presenza di nebulosità diffusa in H-alpha. Lì c’era certamente qualcosa, ma era una PN o un SNR? Difficile da stabile con la sola presenza di nebulosità. I cataloghi non indicavano in zona la presenza di nane bianche ma riportavano, invece, ben due pulsar entro i confini della nebulosità identificata: PSR J 2235+21 e PSR J2234+2114. Quest’ultima è quasi nel centro geometrico, perciò ritenuta la più probabile associabile al nuovo SNR”.
I dati raccolti nel corso degli ultimi tre anni sono stati controllati più volte e sono state valutate le possibili interpretazioni alternative. Quando il quadro è apparso convincente, è stato scritto l’articolo scientifico per annunciare la scoperta di G82.9–29.2, subito accettato per la pubblicazione su Research Notes of the AAS. “Ci sono tanti motivi di soddisfazione in questa scoperta. Intanto, sembra essere la prima nata completamente all’interno della Sezione Profondo Cielo dell’UAI. Rappresenta la conferma che operando con criterio scientifico anche gli astrofili possono rivelare oggetti di questo tipo, anche quando sembra quasi impossibile trovarne ancora. Non a caso, il SNR è stato trovato a medie latitudini galattiche in una regione di cielo poco battuta nella ricerca di questo tipo di oggetti che si concentrano lungo il piano galattico. G82.9–29.2 è anche il primo SNR scoperto da astrofili italiani e si aggiunge all’ormai ricca lista di scoperte che portano la firma della Sezione Nazionale di Ricerca Profondo Cielo UAI”, conclude Donatiello.

A sinistra, l’immagine composita elaborata a campo ampio ottenuta con Zeiss 50mm f/2.8 e lenti Samyang 135 f/2 accoppiate a un rivelatore CMOS QHY268. L’inserto A mostra i più luminosi filamenti in campo medio (mosaico di tre immagini del telescopio SCT 0.355m). L’inserto B mostra l’emissione in H-alpha ottenuta con un Samyang 135 f2 e CMOS QHY 268. L’inserto C mostra l’emissione nella banda [O III] a 12 nm ottenuta con un Samyang 135 f/2 e CMOS QHY 268. Il confronto tra gli inserti B e C permette di apprezzare l’emissione [O III] che forma un anello quasi completo (frecce ciano), parzialmente sovrapponibile all’emissione Hα (frecce rosse), includendo una componente diffusa verso sud.