L’introduzione delle tecniche digitali, in particolar modo grazie alla diffusione delle webcam, ha permesso anche nel caso di Saturno un enorme salto di qualità. Il semplice fatto di poter produrre facilmente e a basso costo delle ottime immagini (contrariamente a quanto accadeva con la fotografia tradizionale…) ha portato molti astrofili verso l’osservazione planetaria, triplicando o quadruplicando il numero delle osservazioni ricevute ogni anno. A parte questo, nel caso di Saturno esistono almeno due grossi vantaggi di ordine squisitamente “tecnico”:
Webcam, CCD ed elaborazione digitale non sono delle bacchette magiche e non andrebbero considerate come tali; per sfruttare in modo corretto le loro potenzialità è quindi necessario tener presenti i loro limiti ed adottare particolari accorgimenti e tecniche di ripresa ed elaborazione. Molti di questi sono comuni alla ripresa planetaria in genere (si veda la pagina sulle Tecniche digitali), alcuni tuttavia si applicano particolarmente al caso di Saturno.
Nota. Nella ricerca di dettagli transitori come le WOS, può essere consigliabile con grandi diametri utilizzare filtri blu o rossi – anche attorno ai 700-900 nm – per aumentarne il contrasto. I filtri rossi migliorano anche la visibilità delle condensazioni scure (dark spot, DS); in ambito amatoriale, tuttavia, la perdita di luminosità del pianeta sarà nella maggior parte dei casi eccessiva per un loro uso proficuo.
L’elaborazione dei soggetti planetari ripresi con tecniche webcam (o comunque ottenute dalla somma di fotogrammi tratti da riprese video) è un aspetto decisivo nella produzione di immagini ricche di particolari e scientificamente attendibili. Per ottenere il massimo da questi interventi, senza cadere nella “sovra-elaborazione”, è indispensabile agire con sensibilità e delicatezza. Non è difficile imbattersi in immagini elaborate pesantemente, di sicuro impatto visivo ma di basso o poco attendibile contenuto scientifico. Quando diamo contrasto ad un’immagine, semplificando molto le cose, le zone chiare divengono più chiare e quelle scure più scure. Questo procedimento ci permette di evidenziare ogni più piccola variazione di luminosità del soggetto, rendendo più visibili tutti i dettagli contenuti dall’immagine grezza. Il comando fondamentale con cui si estraggono i dettagli dall’immagine grezza è la maschera di contrasto. In genere questo comando agisce per mezzo di due parametri: il “raggio d’azione” e “l’intensità” dell’intervento. Il “raggio d’azione” è in pratica la dimensione in pixel dei dettagli che vogliamo enfatizzare, mentre “l’intensità” è, come dice la parola, la consistenza di questo intervento. Quando usiamo maschere di contrasto con raggi piccoli, dovremo impostare elevati valori di intensità, proprio perché l’intervento è molto leggero e mirato, facendo riferimento al comando “unsharp” di IRIS, una tipica maschera di contrasto planetaria in grado di evidenziare i particolari fini può avere raggio 0,8 ed intensità variabile da 10 a 50. Al contrario, quando vogliamo evidenziare le strutture principali di un soggetto (grosse strutture a basso contrasto o anche la colorazione), sarà bene usare dei raggi più grandi, in genere da 3 a 5 pixel, applicati con un’intensità piuttosto bassa, da 2 a 6 facendo riferimento sempre al comando di IRIS. Nella maggior parte dei casi, nessuna delle due maschere di contrasto ci fornisce da sola un risultato pienamente soddisfacente. Nulla vieta però di applicare, con un giusto dosaggio, entrambe le maschere di contrasto alla stessa immagine. Così facendo, dopo qualche tentativo, potremo trovare il compromesso migliore perla nostra immagine. Esagerando con l’elaborazione infatti potremo notare granulosità (indice di una eccessiva esaltazione dei particolari fini, o bordi dell’immagine irrealisticamente rinforzati, indice di una maschera di contrasto a grande raggio troppo intensa). Per lo specifico caso di Saturno, pianeta ricco di dettagli molto netti negli anelli ma anche di strutture atmosferiche (i WOS in particolare) dal contrasto bassissimo, non è facile trovare il giusto compromesso. Tuttavia, nulla ci vieta di fare, oltre all’elaborazione standard, un’elaborazione più pesante con maschere sfocate di grosso raggio atte ad evidenziare queste tenui strutture.
Una elaborazione “tipo” per Saturno su IRIS potrebbe essere la seguente:
>load @r (carica il canale rosso, ma ripetere poi le stesse operazioni con “g” e “b”)
>gauss 0.45 (attenua leggermente e preventivamente la grana)
>mult 0.88 (attenua leggermente la luminosità del canale per evitare che saturi)
>unsharp 3 2 1 (contrasta i particolari grandi, con dimensioni di 3 pixel in questo caso)
>unsharp 0.9 15 1 (contrasta i particolari fini, con dimensioni in questo caso di 0.9 pixel)
>mmse 2000 2 (attenua la grana finale insorta dopo le maschere sfocate)
>save r (salva il canale elaborato col nome “r”; allo stesso modo salvare anche i canali “g” e “b”)
>tr r g b (compone la tricromia, ovviamente bisogna aver elaborato anche @g e @b)
>savebmp risultato (salva in formato bmp il risultato col nome inserito nel comando)
Una elaborazione forzata per Saturno per evidenziare i WOS sempre su IRIS potrebbe essere:
>load @r (carica il canale rosso, ma ripetere poi le stesse operazioni con “g” e “b”)
>gauss 0.6 (attenua leggermente e preventivamente la grana)
>mult 0.80 (attenua leggermente la luminosità del canale per evitare che saturi)
>unsharp 5 2 1 (contrasta i particolari molto grandi, con dimensioni di 5 pixel in questo caso)
>unsharp 2 6 1 (contrasta i particolari medi, con dimensioni in questo caso di 2 pixel)
>mmse 2000 2 (attenua la grana finale insorta dopo le maschere sfocate)
>save r (salva il canale elaborato col nome “r”; allo stesso modo salvare anche i canali “g” e “b”)
>tr r g b (compone la tricromia, ovviamente bisogna aver elaborato anche @g e @b)
>savebmp risultato (salva in formato bmp il risultato col nome inserito nel comando)
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