Contenuti:

  1. I diversi tipi di immagine
  2. Il processo logico
  3. La generazione del MasterDark e MasterDarkFlat
  4. La generazione del MasterFlat

In astrofotografia si parla di immagini scientifiche e di calibrazione, intendendo con le prime le riprese dell’oggetto celeste che si vuole fotografare, e con le seconde una serie di immagini di servizio, che servono a ripulire le immagini scientifiche dai difetti introdotti dalle ottiche e dai sensori.

Le immagini scientifiche sono chiamate Light in Pixinsight, e le immagini di calibrazione sono chiamate Dark (o DarkFrame), DarkFlat, Bias e Flat. Vediamo a che cosa serve ciascun tipo di immagine di calibrazione, e come dovrebbe essere acquisita.

I CMOS delle normali camere da ripresa per cielo profondo introducono un rumore frutto del funzionamento dell’elettronica, che dipende dal tempo di esposizione e dalla temperatura a cui stanno operando. Questo rumore si evidenzia in puntini luminosi, tipicamente della dimensione di un pixel, che devono essere eliminati dall’immagine light. Per fare questo si crea una immagine specifica, detta Dark (o DarkFrame per distinguerla dai DarkFlat) che viene adeguatamente sottratta al light e lo ripulisce dai puntini.

I Dark vengono acquisiti con lo stesso setup fisico dei light che andranno a calibrare (tubo ottico, camera, possibilmente stesso fuoco) e devono avere la stessa temperatura, gain, offset e bin nonché lo stesso tempo di esposizione dei light. Normalmente si fanno mettendo il tappo al tubo ottico, con il telescopio al buio per evitare infiltrazioni di luce. Una buona prassi in Pixinsight è di avere almeno 21 dark da integrare fra loro.

I DarkFlat sono a tutti gli effetti dei dark, ma con uno scopo particolare: andare a sottrarre il rumore dai flat, invece che dai light. Valgono le stesse regole di acquisizione dei dark, con l’unica differenza che il tempo di esposizione deve essere quello dei flat che andranno a calibrare invece che quello dei light.

Questo tipo di immagine con i CMOS attuali ha un po’ perso di importanza in quanto serviva a ripulire un particolare rumore di elettronica che era rilevante per i CCD, ma è praticamente inesistente nei CMOS. Tuttavia in Pixinsight i bias hanno una funzione particolare: permettono di scalare i dark ripresi con tempi di esposizione diversi dai light e di rendere quindi i dark più compatibili con i light che devono calibrare. Questa pratica di usare i bias per scalare i dark è però deprecabile, in quanto quando si scala il dark viene scalata anche un’altra componente ancora del rumore, chiamata amp glow, che può introdurre difetti durante la calibrazione. La pratica corretta consiste nel riprendere i dark come detto sopra, con il tempo di esposizione (e tutti gli altri parametri) uguale a quello dei light.

I tubi ottici tipicamente introducono alcuni difetti nelle immagini light, che si manifestano in forma di ombre più o meno definite. Ci sono due tipi principali di difetti: le vignettature, ovvero i bordi più scuri che appaiono soprattutto in corrispondenza degli angoli, e gli anelli, ovvero le ombre dei granelli di polvere sul sensore o sulle lenti del tubo. Per eliminare questi difetti si creano delle immagini di calibrazione dette flat, che vanno a sottrarre dai light le ombre e spianano l’immagine (da cui il nome di flat).

I flat si fanno mettendo una sorgente luminosa uniforme davanti al tubo ottico, e regolando il tempo di esposizione in modo da avere il picco dell’istogramma nella metà di sinistra, fra ½ e 1/3. In questo modo per una camera con convertitore analogico-digitale (ADC) a 16 bit, in cui la scala va da 0 a 65535 ADU, il valore di riferimento che si cerca è di 30000 ADU (analogic digital unit)

Esistono vari tipi di sorgenti, dalla maglietta bianca davanti all’obiettivo ai flat generator panel a led; la cosa importante è che la luce sia diffusa uniformemente, o si andrebbero ad introdurre difetti ai light in fase di calibrazione. I flat devono a loro volta subire un processo di calibrazione, in modo che vengano ripuliti dal rumore dell’elettronica, e per questo si usano i darkFlat, che quindi devono avere gli stessi parametri dei flat che vanno a calibrare.

I flat vengono acquisiti con lo stesso setup fisico dei light che andranno a calibrare (tubo ottico, camera, possibilmente stesso fuoco) e preferibilmente devono avere la stessa temperatura, gain, offset e bin dei light, mentre il tempo di esposizione si regola come detto sopra. Una buona prassi in Pixinsight è di avere almeno 21 flat da integrare fra loro.

La premessa alla lavorazione delle immagini in Pixinsight è che tutte le immagini, sia scientifiche che di calibrazione, siano state raccolte nel modo corretto.

I passi logici per la preparazione delle immagini di calibrazione consistono in:

  1. Calibrare le immagini
  2. Allineare (si dice Registrare in Pixinsight) le immagini in modo da poterle sommare. In questa fase le immagini vengono ruotate, la loro dimensione viene resa identica
  3. Sommare (si dice Integrare in Pixinsight) le immagini per arrivare ad avere un master che rappresenta la somma di tutte le singole immagini ripulite dai difetti di acquisizione.

La generazione del masterDark è in realtà una semplice integrazione dei dark, senza che nessuna calibrazione venga applicata ai singoli frame.

Vediamo allora come procedere:

apriamo il process ImageIntegrator cliccando prima su Process poi su ImageIntegration (il gruppo di processi) e infine su ImageIntegration (il process vero e proprio):

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (11).bmp

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine.bmp

Ora 1) Premiamo il bottone Add Files, 2) carichiamo i frame che vogliamo sommare e 3) andiamo a impostare i valori diversi dai default che ci interessano:

  • Normalization: No normalization
  • Weights: Don’t care (all = 1)
  • Togliamo il check da Signal and Noise Evaluation

Poi apriamo la sezione Pixel Rejection e impostiamo il Rejection algorithm in questo modo:

  • Averaged Sigma Clipping se abbiamo meno di 10 frame
  • Winsorized Sigma Clipping se abbiamo da 10 a 20 frames
  • Linear Fit Clipping se abbiamo più di  20 frames

e Normalization a No normalization (nelle immagini, avendo 31 frames, l’algoritmo di rigetto è impostato a Linear Fit Clipping)

C:\Pixinsight\Tutorial Aldo\Nuova immagine (3).png

Lasciamo tutti gli altri parametri con i valori di default e premiamo il cerchio blu in basso “Apply Global (F6)”

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (5).bmp

Dopo alcuni secondi, in cui nella Process Console compaiono numerosi messaggi che illustrano passo per passo quello che sta succedendo (in alto a sinistra), nel workspace di Pixinsight compaiono alcune immagini che sono la nostra integrazione (Integration | <*new*>) e le mappe dei pixel rigettati durante l’integrazione stessa (rejection_low, rejection_high ecc). La Integration è il nostro MasterDark, che useremo per calibrare i light.

C:\Pixinsight\Tutorial Aldo\Nuova immagine (4).png

Riduciamo ad icona il process di ImageIntegration premendo la freccia di ridimensionamento in alto a destra e chiudiamo le mappe dei pixel rigettati, poi concentriamo l’attenzione sulla Integration.

Per prima cosa applichiamo la funzione di Screen Transfer, per vedere i dettagli dell’immagine. Per fare questo premiamo il pulsante di STF Autostretch, lo schermo con il simbolo giallo e nero che di default si trova in alto a destra nello schermo di Pixinsight:

C:\Pixinsight\Tutorial Aldo\Nuova immagine (5).png

La nostra Integration passerà da buia a grigio scura, con una superficie puntinata:

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (6).bmp

A sinistra l’immagine appare in fase lineare e non “stirata” (stretch in inglese), a destra alla stessa immagine, qui clonata per mostrarla nelle due forme, è stata applicata la stiratura (stretching). Questa è la fotografia del buio fatta dal nostro sensore, in cui i puntini chiari sono i difetti di rumore introdotti dal sensore stesso, e questa è l’immagine di calibrazione che andremo a sottrarre al nostro light per ripulirlo di questi difetti.

A questo punto possiamo dare un nome significativo alla nostra immagine, e salvarla per poterla riutilizzare in seguito. Clicchiamo con il tasto destro del mouse sulla Integration e si apre una tendina con le possibili azioni che possiamo applicare all’immagine; clicchiamo (o spostiamoci con la freccia in alto) su Identifier… e si apre una finestra dove compare il nome attuale dell’immagine, da qui è possibile cambiare il nome in uno nuovo a nostro piacimento:

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (7).bmp

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (20).bmp

Suggerisco di usare questa convenzione: tipo di master; tempo di esposizione; gain; offset; bin; temperatura; camera; anno di acquisizione; mese; giorno. Es: masterDark_120s_200_50_1_m10_2600MC_2024_07_04 dove per la temperatura la “m” davanti al numero indica in segno meno “-“ che non è un carattere consentito nei nomi di Pixinsight.

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (12).bmp

Premiamo Ok ed il nome dell’immagine viene modificato. Nell’esempio è ora masterDark_120s_200_50_1_m10_2600MC_2024_07_04 e la parte |<*new*> indica che il file non è stato ancora salvato, per cui se chiudiamo ora l’immagine o Pixinsight lo perderemo.

A questo punto possiamo salvare il nostro masterDark per riutilizzarlo in seguito.

Spesso chi fa astrofotografia dopo qualche tempo identifica dei parametri di acquisizione immagini, tipo il tempo, il gain, la temperatura ecc che diventano un suo standard e può quindi riutilizzare immagini di calibrazione master per più sessioni nel tempo. Questo è particolarmente vero per i masterDark ed i masterDarkFlat – che vedremo fra poco come fare – e quindi è prassi comune creare librerie di master da riutilizzare.

Anche in questo caso è opportuno utilizzare una nomenclatura standard, e questa è quella che io utilizzo e suggerisco: [“Librerie di servizio”; tipo di immagine; camera di ripresa; temperatura di ripresa; binning; MasterDarkFrame_Lib; Gain] per il nome della cartella in cui salvare il master, e MasterDark_secondiDiEsposizione_gain_offset_bin_temperatura_anno_mese_giorno per il nome del master stesso.

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (9).bmp

Per salvare il nostro masterDark clicchiamo su File in alto a sinistra, e poi su Save As…

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (10).bmp

E salviamo il file nella cartella che abbiamo creato come libreria dei masterDark. Il tipo di file raccomandato da Pixinsight è XISF, che consente di memorizzare una serie di metadati utilizzati dal programma nelle diverse fasi per ottimizzare le elaborazioni, ed è il formato che suggerisco di usare sempre salvo esigenze eccezionali, tipo il trasferimento di immagini ad altri programmi per altre elaborazioni (es. FITS per elaborazioni astronomiche, TIFF per elaborazioni grafiche, JPG per pubblicazioni in rete ecc.)

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (13).bmp

L’identificativo dell’immagine ora contiene il nome che abbiamo assegnato all’immagine stessa, e dopo il | il nome con cui abbiamo salvato il file. Nell’esempio i due nomi sono lo stesso.

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (14).bmp

Il nostro masterDark è memorizzato nella libreria dei masterDark e pronto per essere utilizzato nelle fasi di calibrazione successive.

A questo punto siamo pronti per fare la seconda generazione di un masterDark particolare: quello che servirà per calibrare i flat. Come vedremo in seguito il masterDark appena generato verrà sottratto ai light per calibrarli, ma anche i flat contengono un rumore introdotto dal sensore, e dobbiamo andare a togliere anche questo rumore. Per questo motivo generiamo un masterDarkFlat, così chiamato per distinguerlo dal precedente masterDark, con le stesse modalità di prima. La differenza è che il tempo di acquisizione dei dark che lo compongono questa volta è uguale a quello dei flat, e non a quello dei light.

Vediamo come procedere in modo simile al precedente:

apriamo il process ImageIntegrator cliccando prima su Process poi su ImageIntegration (il gruppo di processi) e infine su ImageIntegration (il process vero e proprio):

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (11).bmp

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine.bmp

Ora 1) Premiamo il bottone Add Files, 2) carichiamo i frame che vogliamo sommare e 3) andiamo a impostare i valori diversi dai default che ci interessano:

  • Normalization: No normalization
  • Weights: Don’t care (all = 1)
  • Togliamo il check da Signal and Noise Evaluation

Poi apriamo la sezione Pixel Rejection e impostiamo il Rejection algorithm in questo modo:

  • Averaged Sigma Clipping se abbiamo meno di 10 frame
  • Winsorized Sigma Clipping se abbiamo da 10 a 20 frames
  • Linear Fit Clipping se abbiamo più di  20 frames

e Normalization a No normalization (nelle immagini, avendo 31 frames, l’algoritmo di rigetto è impostato a Linear Fit Clipping)

C:\Pixinsight\Tutorial Aldo\Nuova immagine (3).png

Lasciamo tutti gli altri parametri con i valori di default e premiamo il cerchio blu in basso “Apply Global (F6)”

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (18).bmp

Dopo alcuni secondi, in cui nella Process Console compaiono numerosi messaggi che illustrano passo per passo quello che sta succedendo (in alto a sinistra), nel workspace di Pixinsight compaiono alcune immagini che sono la nostra integrazione (Integration | <*new*>) e le mappe dei pixel rigettati durante l’integrazione stessa (rejection_low, rejection_high ecc). La Integration è il nostro masterDarkFlat, che useremo per calibrare i flat.

C:\Pixinsight\Tutorial Aldo\Nuova immagine (4).png

Riduciamo ad icona il process di ImageIntegration premendo la freccia di ridimensionamento in alto a destra e chiudiamo le mappe dei pixel rigettati, poi concentriamo l’attenzione sulla Integration.

Per prima cosa applichiamo la funzione di Screen Transfer, per vedere i dettagli dell’immagine. Per fare questo premiamo il pulsante di STF Autostretch, lo schermo con il simbolo giallo e nero che di default si trova in alto a destra nello schermo di Pixinsight:

C:\Pixinsight\Tutorial Aldo\Nuova immagine (5).png

La nostra Integration passerà da buia a grigio scura, con una superficie puntinata:

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (6).bmp

A sinistra l’immagine appare in fase lineare e non “stirata” (stretch in inglese), a destra alla stessa immagine, qui clonata per mostrarla nelle due forme, è stata applicata la stiratura (stretching). Questa è di nuovo la fotografia del buio fatta dal nostro sensore, ma con il tempo di esposizione dei flat, e questa è l’immagine di calibrazione che andremo a sottrarre ai nostri flat per ripulirli di questi difetti.

A questo punto possiamo dare un nome significativo alla nostra immagine, e salvarla per poterla riutilizzare in seguito. Clicchiamo con il tasto destro del mouse sulla Integration e si apre una tendina con le possibili azioni che possiamo applicare all’immagine; clicchiamo (o spostiamoci con la freccia in alto) su Identifier… e si apre una finestra dove compare il nome attuale dell’immagine, da qui è possibile cambiare il nome in uno nuovo a nostro piacimento:

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (7).bmp

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (19).bmp

Suggerisco di usare questa convenzione: tipo di master; tempo di esposizione; gain; offset; bin; temperatura; camera, anno di acquisizione; mese; giorno. Es: masterDarkFlat_500ms_200_50_1_m10_2600MC_2024_07_04 dove per la temperatura la “m” davanti al numero indica in segno meno “-“ che non è un carattere consentito nei nomi di Pixinsight.

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (22).bmp

Premiamo Ok ed il nome dell’immagine viene modificato. Nell’esempio è ora masterDarkFlat_500ms_200_50_1_m10_2600MC_2024_07_04 e la parte |<*new*> indica che il file non è stato ancora salvato, per cui se chiudiamo ora l’immagine o Pixinsight lo perderemo.

A questo punto possiamo salvare il nostro masterDarkFlat per riutilizzarlo in seguito.

Anche in questo caso è opportuno utilizzare una nomenclatura standard, e questa è quella che io utilizzo e suggerisco: [“Librerie di servizio”; tipo di immagine; camera di ripresa; temperatura di ripresa; binning; MasterDarkFlat_Lib; Gain] per il nome della cartella in cui salvare il master, e MasterDarkFlat_secondiDiEsposizione_gain_offset_bin_temperatura_anno_mese_giorno_oggettoDiRiferimentoDiQuelPeriodo per il nome del master stesso.

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (23).bmp

Per salvare il nostro masterDarkFlat clicchiamo su File in alto a sinistra, e poi su Save As…

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (24).bmp

e salviamo il file nella cartella che abbiamo creato come libreria dei masterDarkFlat, usando di nuovo come tipo di file XISF.

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (25).bmp

L’identificativo dell’immagine ora contiene il nome che abbiamo assegnato all’immagine stessa, e dopo il | il nome con cui abbiamo salvato il file. Nell’esempio i due nomi sono lo stesso.

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (26).bmp

Il nostro masterDarkFlat è memorizzato nella libreria dei masterDarkFlat e pronto per essere utilizzato nelle fasi di calibrazione successive.

I flat, come abbiamo visto, sono un tipo particolare di light, in cui al posto del nostro soggetto di ripresa celeste fotografiamo un campo piatto (flat, appunto). Anche i flat contengono il rumore generato dal sensore, e quindi prima di poterli utilizzare per rimuovere i difetti dai light veri e propri dobbiamo ripulirli dal rumore e poi sommarli fra loro.

Apriamo quindi un nuovo process, ImageCalibration, che ci permetterà di effettuare le calibrazioni prima dei flat e successivamente dei light, cliccando prima su Process poi su ImageCalibration (il gruppo di processi) e infine su ImageCalibration (il process vero e proprio):

C:\Pixinsight\Tutorial Aldo\ImageCalibration.bmp

C:\Pixinsight\Tutorial Aldo\ImageCalibration.bmp

Ora 1) Premiamo il bottone Add Files, 2) carichiamo i flat che vogliamo calibrare e 3) andiamo a impostare i valori diversi dai default che ci interessano:

  • Enable CFA: se i nostri flat sono stati presi con una camera a colori, per calibrare dei light a colori, saranno in formato CFA (Color Filter Array) e quindi terremo il flag abilitato. Se invece i flat sono stati presi in monocromatico, per calibrare light monocromatici, toglieremo questo flag
  • Signal Evaluation e Noise Evaluation: se i flat sono a colori disabilitiamo questi due flag, in quanto queste valutazioni saranno fatte nella fase di debayering, se invece i flat sono monocromatici teniamo i due flag abilitati
  • Master Bias e Master Flat: disabilitiamo entrambi i flag, e lasciamo abilitato solo il flag di Master Dark
C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (30).bmp

Poi apriamo la sezione Output Files e la Master Dark, e scegliamo la directory di output dei flat calibrati, e il masterDarkFlat che useremo per calibrarli. Infine disabilitiamo l’opzione Optimize nel Master Dark:

Ancora una volta conviene utilizzare una nomenclatura standard per le cartelle dei file in gioco, in questo caso i flat nativi e poi calibrati. Questa è quella che io utilizzo e suggerisco: [“Librerie di servizio”; tipo di immagine; tubo ottico di ripresa; rapporto focale del tubo; camera di ripresa; temperatura di ripresa; binning; FlatLibGainOffsetBinning; anno_mese_giorno_secondiDiEsposizione_gain_offset_bin_temperatura_ADU_tuboOtticoRapprtoFocale_cameraRipresa_filtro_ggettoDiRiferimentoDiQuelPeriodo] per il nome della cartella in cui tenere i flat nativi, e la stessa nomenclatura con in più una sottocartella Calibrated per memorizzare i flat calibrati.

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (34).bmp

A questo punto abbiamo tutto pronto per la calibratura dei flat, e possiamo procedere premendo il pulsante tondo in basso a destra “Apply Global (F6)”.

Dopo alcuni secondi, in cui la Process Console ci avrà illustrato passo per passo cosa sta facendo, ci troveremo i nostri flat calibrati ed in formato .XISF con il postfisso _c per segnalare che sono stati calibrati.

Il prossimo passo è ora l’integrazione dei flat calibrati per creare il masterFlat.

Di nuovo utilizziamo il process ImageIntegrator, che abbiamo usato per creare i masterDark: apriamo il process ImageIntegrator cliccando prima su Process poi su ImageIntegration (il gruppo di processi) e infine su ImageIntegration (il process vero e proprio):

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (11).bmp

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine.bmp

Ora 1) Premiamo il bottone Add Files, 2) carichiamo i flat calibrati che vogliamo sommare e 3) andiamo a impostare i valori diversi dai default che ci interessano:

  • Normalization: Multiplicative
  • Weights: Don’t care (all = 1).

Lasciamo tutto il resto come di default

Come nel caso dell’integrazione dei Dark, apriamo la sezione Pixel Rejection e impostiamo il Rejection algorithm in questo modo:

  • Averaged Sigma Clipping se abbiamo meno di 10 frame
  • Winsorized Sigma Clipping se abbiamo da 10 a 20 frames
  • Linear Fit Clipping se abbiamo più di  20 frames

e Normalization a Equalize fluxes (nelle immagini, avendo 51 frames, l’algoritmo di rigetto è impostato a Linear Fit Clipping)

C:\Pixinsight\Tutorial Aldo\Nuova immagine (8).png

Lasciamo tutti gli altri parametri con i valori di default e premiamo il cerchio blu in basso “Apply Global (F6)”

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (41).bmp

Dopo alcuni secondi, in cui nella Process Console compaiono numerosi messaggi che illustrano passo per passo quello che sta succedendo (in alto a sinistra), nel workspace di Pixinsight compaiono alcune immagini che sono la nostra integrazione (Integration | <*new*>) e le mappe dei pixel rigettati durante l’integrazione stessa (rejection_low, rejection_high ecc). La Integration è il nostro masterFlat, che useremo per calibrare i light.

C:\Pixinsight\Tutorial Aldo\Nuova immagine (10).png

Riduciamo ad icona il process di ImageIntegration premendo la freccia di ridimensionamento in alto a destra e chiudiamo le mappe dei pixel rigettati, poi concentriamo l’attenzione sulla Integration.

Per prima cosa applichiamo la funzione di Screen Transfer, per vedere i dettagli dell’immagine. Per fare questo premiamo il pulsante di STF Autostretch, lo schermo con il simbolo giallo e nero che di default si trova in alto a destra nello schermo di Pixinsight:

C:\Pixinsight\Tutorial Aldo\Nuova immagine (5).png

La nostra Integration mostrerà i dettagli dell’immagine flat di calibrazione dei light, che molto probabilmente conterrà alcune ombra a ciambella (i segni della polvere sul vetro del sensore o sui filtri) e gli angoli più scuri (la “vignettatura”):

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (42).bmp

A sinistra l’immagine appare in fase lineare e non “stirata” (stretch in inglese), a destra alla stessa immagine, qui clonata per mostrarla nelle due forme, è stata applicata la stiratura (stretching). Questa è la foto dei difetti introdotti dal nostro treno ottico sulle fotografie del cielo (i light) e questa immagine verrà sottratta dai light per la loro calibrazione.

A questo punto (come per i masterDark e i masterDarkFlat) possiamo dare un nome significativo alla nostra immagine, e salvarla per poterla riutilizzare in seguito. Clicchiamo con il tasto destro del mouse sulla Integration e si apre una tendina con le possibili azioni che possiamo applicare all’immagine; clicchiamo (o spostiamoci con la freccia in alto) su Identifier… e si apre una finestra dove compare il nome attuale dell’immagine, da qui è possibile cambiare il nome in uno nuovo a nostro piacimento:

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (43).bmp

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (44).bmp

Suggerisco di usare questa convenzione: tipo di master; tempo di esposizione; gain; offset; bin; temperatura; livello di ADU; OTA (con lunghezza focale); camera; filtro; anno di acquisizione; mese; giorno; oggetto per cui è stato creato. Es: masterFlat_500ms_200_50_1_m10_30000ADU; C10; 2600MC_2024_08_20_C12. A differenza dei master creati precedentemente (dark e darkFlat), che sono indipendenti dall’OTA, dagli ADU e dai filtri, qui è opportuno riportare anche questi dati che ci saranno indispensabili per abbinare il masterFlat ai light corrispondenti. Suggerisco di aggiungere in fondo anche il nome dell’oggetto delle riprese per cui sono stati acquisiti questi flat (il _C12 nell’esempio): sarà molto utile se vorremo rifare una calibrazione più avanti nel tempo e ci aiuterà a trovare rapidamente il giusto masterFlat.

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (45).bmp

Premiamo Ok ed il nome dell’immagine viene modificato. Come sempre, la parte |<*new*> indica che il file non è stato ancora salvato, per cui se chiudiamo ora l’immagine o Pixinsight lo perderemo.

A questo punto possiamo salvare il nostro masterFlat per riutilizzarlo in seguito.

Anche in questo caso è opportuno utilizzare una nomenclatura standard, e questa è quella che io utilizzo e suggerisco: [“Librerie di servizio”; tipo di immagine; OTA; Focal Length; camera di ripresa; temperatura di ripresa; binning; MasterFlat_Lib; Gain] per il nome della cartella in cui salvare il master, e MasterFlat_secondiDiEsposizione_gain_offset_bin_temperatura_ADU_OTAeFL_CameraDiRipresa_filtro_anno_mese_giorno_oggettoDiRiferimentoDiQuelPeriodo per il nome del master stesso.

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (46).bmp

Per salvare il nostro masterFlat clicchiamo su File in alto a sinistra, e poi su Save As…

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (47).bmp

e salviamo il file nella cartella che abbiamo creato come libreria dei masterFlat, usando di nuovo come tipo di file XISF.

C:\Users\aldoz\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Nuova immagine (48).bmp

L’identificativo dell’immagine ora contiene il nome che abbiamo assegnato all’immagine stessa, e dopo il | il nome con cui abbiamo salvato il file. Il nostro masterFlat è memorizzato nella libreria dei masterFlat e pronto per essere utilizzato nelle fasi di calibrazione successive.

In questo modo abbiamo preparato le immagini di calibrazione che ci serviranno per ripulire i nostri light dai difetti.


Il processo di calibrazione delle immagini


facciamo questo esempio: dobbiamo calibrare 50 light di 180 secondi, gain 200, offset 50, bin 1, temperatura -10°

  1. Acquisiamo 21 dark di 180 secondi, gain 200, offset 50, bin 1, temperatura -10°. Li integriamo ed abbiamo il masterDark.
  2. Decidiamo di fare 31 flat di 0,5 secondi (regoliamo l’intensità della sorgente luminosa per avere il picco dell’istogramma a circa 1/3 a sinistra – es. 30000ADU -), gain 200, offset 50, bin 1, temperatura -10°.
  3. Acquisiamo 21 darkflat di 0,5 secondi, gain 200, offset 50, bin 1, temperatura -10°. Li integriamo ed abbiamo il masterDarkFlat.
  4. Calibriamo i flat con il masterDarkFlat
  5. Integriamo i flat per ottenere il masterFlat
  6. Calibriamo i light con il masterDark e il masterFlat

sembrano complicati, e certamente lo sono. Però rispondono all’esigenza di catalogare in modo sistematico le immagini, e sono molto utili se, magari dopo svariati mesi o anni, si vogliono rifare le calibrazioni di vecchie immagini per aggiungerle a nuove o per sfruttare nuovi strumenti messi a disposizione dell’evoluzione delle tecnologie. È esperienza comune di chi fa fotografia astronomica da qualche tempo di ritrovarsi con centinaia di immagini di calibrazione, e senza una corretta nomenclatura il rischio di non sapere più quali usare è reale.

l’abitudine è di conservare solo i master, ed eliminare i singoli frame dei vari tipi di dark e flat. Immagini master ben fatte potranno essere riutilizzate senza alcun problema, e renderanno più veloce il processo di elaborazione. Personalmente “rinfresco” i dark ogni circa 6 mesi in considerazione del possibile cambiamento di risposta dei sensori delle camere con l’uso intensivo che ne faccio, mentre rifaccio i flat ad ogni cambiamento del setup (inclusi i frequenti cambiamenti di rotazione), per cui ho un numero considerabilmente superiore di flat rispetto ai dark.