Le camere di ripresa e quelle di guida hanno caratteristiche diverse, dovendo soddisfare a compiti diversi. Di frequente però camere di ripresa vengono usate anche per la guida, e comunque la tecnologia che le fa funzionare è la stessa, per cui le tratteremo insieme.

Le Reflex (DSLR) e le Mirrorless
E’ quasi sempre la macchina con cui si inizia, perchè è quella che ho già: a volte poi si continua con la reflex, con ottimi risultati per diversi tipi di soggetti.
A volte la si utilizza dopo averla fatta opportunamente modificare per l’uso in astrofotografia

Le camere planetarie
Come dice il loro nome, sono un tipo di camere pensate specificamente per la ripresa di oggetti planetari, e le loro caratteristiche più importanti sono:
a) la capacità di riprendere un elevato numero di frame per secondo (FPS)
b) un basso rumore di lettura, indispensabile per i tempi brevissimi tipicamente utilizzati.

Le camere per le riprese del cielo profondo (deep sky)
Queste camere hanno caratteristiche specifiche per effettuare riprese per molte decine o centinaia di secondi, fra cui:
a) il raffredamento a temperatura bassa e costante
b) la capacità di contenere molti elettroni per pixel

Queste camere possono essere a colori (OSC) o monocromatiche a secondo delle esigenze.

Esiste poi un altro tipo di camere, dedicate specificamente alla guida automatica del telescopio:
le camere guida.
Queste camere sono tipicamente monocromatiche, più piccole delle planetarie e delle deep sky, e le loro caratteristiche più importanti sono:
a) una buona sensibilità
b) una elevata efficienza quantica.

Nelle pagine seguenti esamineremo i diversi tipi di camere ed il loro uso. Prima di questo però trattiamo di alcuni aspetti comuni a tutte le camere che si usano per fare astrofotografia.


Il cuore della camera: il sensore

CCD e CMOS
Oggi le più diffuse camere astronomiche montano tutte dei CMOS, mentre le prime camere erano dotate di CCD. All’interno del sensore ci sono i pixel.

I pixel
Cosa sono
I pixel sono piccolissimi diodi fotosensibili che trasformano la luce raccolta in corrente, che poi attraverso un dispositivo di conversione analogico – digitale (ADC) viene a sua volta trasformata in scale di grigio

Quanto sono grandi
Nelle camere astronomiche amatoriali le dimensioni dei pixel variano da 2 a 5 micron (um).

Quanto contengono
La full well capacity è la caratteristica dei pixel che indica quanti  elettroni  possono entrare in un pixel prima di riempirlo, e valori tipici sono da 30ke a 60ke.

La matrice di bayer
Sopra ogni diodo (pixel) è presente un filtro, di colore verde o rosso o blu. La sequenza più comune è RGGB. La luce raccolta dai diversi filtri viene elaborata per creare l’immagine a colori


Ci sono alcuni altri elementi da ricordare quando si parla di una camera:

La risoluzione del tubo ottico (Pixel Scale o PS)
E’ la minima distanza in arcsec/pixel fra due oggetti distinguibili dal sensore.
Dipende da lunghezza focale (F) in mm e dimensioni dei pixel del sensore in micron – um (PixSize).
Si definisce in questo modo: PS = PixSize / F x 206.265

Il backfocus
E’ la distanza tra il punto di messa a fuoco dell’obiettivo e la superficie sensibile alla luce (sensore), tipicamente 55mm. E’ importante rispettare il backfocus per avere l’immagine a fuoco su tutto il sensore.

Il campionamento
Il campionamento, o scala dell’immagine, rappresenta la dimensione angolare di cielo che riesce a riprendere un singolo pixel del sensore.
Un cattivo campionamento porta a difetti nelle immagini.
Con il seeing tipico dei nostri cieli di 2-4″ l’intervallo ottimale di campionamento è compreso tra 0,67″ e 2″.
La risoluzione del tubo ottico dovrebbe stare nell’intervallo ottimale, quindi lunghezza focale e dimensione dei pixel del sensore devono essere considerate in modo correlato.