Questi possono essere considerati degli optional, nel senso che si riesce a fare astrofotografia anche senza di loro, per cui di solito sono fra le ultime parti dell’attrezzatura di cui ci si dota. Sono comunque molto comodi, in quanto permettono di automatizzare il processo di acquisizione delle immagini e quindi di muovere passi verso la remotizzazione del telescopio.
Il focheggiatore automatico
Avere le immagini a fuoco perfetto è una condizione necessaria durante l’astrofotografia. Purtroppo però a causa dei mutamenti della temperatura, della diversa inclinazione del tubo ottico, e dell’utilizzo di filtri diversi, il fuoco può degradare e l’immagine diventare sfocata. Per questo motivo si usa un focheggiatore automatico, che ad intervalli di tempo piuttosto che al variare di condizioni di temperatura o di cambio di filtri riporta la camera di ripresa al giusto funto focale, garantendo la nitidizza dell’immagine. Il focheggiatore è un dispositivo che scatta immagini e usa un modello matematico per definire il punto di minore dimensione della stella

I filtri
Esistono diversi tipi di filtri per diverse lunghezze d’onda, ma lo scopo è sempre lo stesso: permettere ad una sola banda di spettro elettromagnetico di raggiungere il sensore della camera, e rigettare le altre frequenze.
Sono due i tipi di filtri che normalmente si usano: uno per l’acquisizione di immagini a colori, attraverso una camera monocromatica. In questo caso di acquisiscono immagini nei tre colori Rosso, Verde (Green) e Blu attraverso appositi filtri, immagini che si andranno poi a combinare creando l’immagine a colori RGB. Spesso in questo caso si acquisiscono anche immagini in una banda più larga, detta di Luminanza, che si utilizza per creare una immagine complessiva in cui i particolari risaltino maggiormente, e poi si combina con l’immagine RGB a formare la LRGB.
L’altro utilizzo frequente dei filtri è nella cosiddetta banda stretta (Narrow Band), dove con appositi filtri si permette il passaggio solo di una finestra molto ristretta di frequenze. Questi filtri si usano per evidenziare particolari tipi di emissioni, e i più comuni sono quelli che lasciano passare solo la luce attorno alla frequenza di emissione dell’Ha, dell’Oiii e del Sii (Riga dell’idrogeno in transizione dal livello quantico 3 al 2; Ossigeno ionizzato due volte, Zolfo ionizzato una volta). Da queste immagini si ottengono poi fotografie in “falsi colori”, che evidenziano particolari tipi di emissioni all’interno degli oggetti celesti.


La ruota porta filtri
La ruota serve per alloggiare i filtri e permette, se motorizzata e collegata al computer di gestione delle acquisizioni, di cambiare automaticamente i filtri durante le sessioni di ripresa.
