Howard Phillips Lovecraft è un autore molto popolare, noto soprattutto per le sue opere fantasy / horror incentrate sul Ciclo di Cthulhu e per le avveniristiche visioni fantascientifiche. Non tutti sanno che Lovecraft, esattamente come Edgar Allan Poe, altro scrittore di immaginifiche storie di incubo e fantascienza, era un astrofilo molto competente, appassionato di astronomia fin da bambino. Una sua lettera a Scientific American, scritta nel 1906 quando aveva appena quindici anni, presenta un metodo per la ricerca di un nono pianeta basandosi sugli afeli delle comete. Sfruttare gli elementi orbitali dei corpi minori per individuare pianeti ancora sconosciuti è un metodo usato ancora oggi (si pensi alla vicenda del cosiddetto Pianeta Nove).
In questo ben documentato articolo, l’astronomo Albino Carbognani ci fa scoprire retroscena e aneddoti poco noti legati alla passione astronomica di Lovecraft:
Il 13 marzo 1930 veniva annunciata al mondo la scoperta del nono pianeta del Sistema Solare: Plutone. Occorre precisare che, a partire dal 24 agosto 2006, Plutone ha perso il suo status di pianeta e ora è compreso nell’elenco dei pianeti nani. Tuttavia, anche in questi giorni di grandi telescopi, sonde spaziali e metodi di analisi raffinati, questo remoto avamposto del Sistema Solare racchiude ancora parecchi segreti, primi fra tutti quelli relativi alla sua origine e alla sua rarefattissima atmosfera stagionale.
Ma è la storia stessa della scoperta di Plutone ad essere intrigante, eco di un’epoca non tanto distante da noi ma che, nondimeno, ci appare remota. La vicenda è ben nota: a causa delle deviazioni orbitali di Urano e Nettuno, all’inizio del XX secolo si sospettava l’esistenza di un ulteriore pianeta che doveva trovarsi oltre l’orbita di Nettuno. Furono in particolare gli astronomi statunitensi Percival Lowell (1855-1916) e William Henry Pickering (1858-1938) a sostenere questa tesi. Plutone fu scoperto proprio dall’osservatorio astronomico fondato da Lowell a Flagstaff in Arizona, grazie all’infaticabile opera di Clyde Tombaugh. In un’era senza computer, la ricerca di un nuovo corpo celeste appartenente al Sistema Solare era un processo lungo e faticoso: per prima cosa bisognava riprendere una serie di fotografie di campi stellari preferibilmente attorno alla zona dell’eclittica (il piano dell’orbita terrestre), a distanza di alcuni giorni l’una dall’altra. In seguito, le lastre di campi stellari identici, ma riprese in tempi diversi, dovevano essere esaminate visualmente con il comparatore di immagini, un macchinario in grado di evidenziare se c’era qualche debole puntino di luce che si fosse spostato in cielo da una posa a quella successiva. Fu proprio esaminando migliaia di lastre fotografiche che Tombaugh trovò Plutone, nella costellazione dei Gemelli, in immagini riprese il 23 e il 29 gennaio 1930. Tuttavia, passata l’euforia della scoperta, fu presto chiaro che Plutone era troppo poco massiccio per provocare perturbazioni gravitazionali apprezzabili sulle orbite di Urano e Nettuno, infatti il suo disco non era risolvibile neanche usando il maggiore telescopio dell’epoca, il riflettore da 2,55 metri di diametro di Monte Wilson. Per questo motivo, anche dopo la scoperta di Plutone, proseguì la “caccia” ad un ulteriore nuovo pianeta che venne chiamato Pianeta X, dove la “X” indica sia il numero romano 10, sia la lettera per l’incognita.
Ma non erano solo gli astronomi dell’epoca a pensare che dovesse esistere un ulteriore pianeta oltre Nettuno. La pensava così anche Howard Phillips Lovecraft (1890-1937), uno dei maggiori scrittori di letteratura horror e precursore della moderna fantascienza. Lovecraft nacque il 20 agosto 1890 a Providence (capitale dello stato del Rhode Island). Come diceva lui stesso fu un bambino molto particolare, che preferiva la compagnia degli adulti al posto di quella dei coetanei e che amava leggere qualunque parola fosse stampata su carta. A cinque anni aveva già imparato a leggere e scrivere. Ad iniziare Lovecraft all’astronomia fu la nonna materna, o meglio, la sua obsoleta collezione di testi astronomici [1, 2]. E’ leggendo questi volumi ammuffiti che Lovecraft si appassionò alla scienza di Urania, che rimase sempre la sua preferita (in età giovanile si interessò anche di chimica…). Nel gennaio 1903 Lovecraft cominciò ad essere molto assorbito dall’astronomia, tanto che la madre gli regalò un piccolo telescopio rifrattore da 63 mm di diametro con il quale iniziò ad osservare il cielo. Come ben sa chiunque abbia avuto la fortuna di osservare per un certo periodo attraverso un telescopio, prima o poi la voglia di fissare sulla carta quello che si vede all’oculare diventa irresistibile, ed è probabile che anche Lovecraft abbia fatto qualche schizzo dei crateri lunari e dei pianeti, anche se il disegno non era il suo forte. In particolare, i suoi soggetti astronomici preferiti erano la Luna e Venere. Non trascorreva una sola notte senza osservare e le conoscenze empiriche che acquisì gli furono molto utili nella stesura degli articoli di astronomia che scrisse in seguito. Nell’agosto 1903 Lovecraft osserva la sua prima cometa, la 19P/Borrelly (scoperta il 28 dicembre 1904 dall’astronomo francese Alphonse Louis Nicolas Borrelly), e inizia a pubblicare, scrivendolo a mano, un periodico di astronomia amatoriale, il “The Rhode Island Journal of Astronomy”. La pubblicazione andò avanti per ben quattro anni, prima con periodicità settimanale, poi mensile. Fra l’altro, il nostro, grazie all’interessamento del Prof. Upton, aveva anche libero accesso ad un osservatorio universitario (il Ladd Observatory della Brown University), dotato di un telescopio da 30,6 cm di diametro e situato su una collina a meno di 2 km da casa. Nell’agosto 1906 Lovecraft iniziò a scrivere una serie di articoli mensili su fenomeni astronomici per il “The Providence Tribune”. Da notare come sia proprio con l’astronomia che ebbe l’esordio sulla carta stampata! Nel 1907 Lovecraft conobbe anche il famoso Percival Lowell, presentatogli dal Prof. Brown, in occasione di una conferenza che tenne a Providence. Lovecraft non sopportava l’astrologia e in diverse occasioni portò avanti delle vere e proprie campagne stampa contro questa pseudo-scienza. In realtà, anche se non frequentò mai la Brown University per problemi di salute (stava per entrarci nel 1908 ma dovette desistere), le conoscenze astronomiche di Lovecraft dovevano essere ben più approfondite di quelle richieste per la stesura di un articolo di giornale o le contestazioni all’astrologia. Prova ne è una sua lettera del 16 luglio 1906 diretta all’Editor della rivista di divulgazione scientifica “Scientific American”, e pubblicata il 25 agosto 1906. Per apprezzare quanto abbia “osato” Lovecraft è necessario ricordare che Scientific American è una delle più antiche e prestigiose riviste di divulgazione scientifica, nata negli Stati Uniti nell’agosto 1845. Inoltre “Scientific American”, anche se non ha il sistema dei referee tipico delle riviste scientifiche come “Nature” o “Science”, è comunque molto rigorosa nell’esposizione.
In questa lettera a “Scientific American” [3] Lovecraft ricorda che ci sono sette comete conosciute che hanno l’afelio (il punto più distante dal Sole della loro orbita) a circa 100 UA (una unità astronomica è la distanza media Terra-Sole e vale circa 150 milioni di km) e che gli astronomi pensano che questo sia dovuto alla presenza di un pianeta avente un raggio orbitale attorno alle 100 UA. Dopo questa introduzione, spiega che lui stesso ha trovato un addensamento degli afeli per diverse comete attorno alle 50 UA dal Sole e che anche questo potrebbe essere dovuto all’azione gravitazionale di un pianeta sconosciuto. Scrive Lovecraft: <<Chi scrive ha notato che ci sono molte comete che con i loro afeli si addensano attorno alle 50 UA, dove potrebbe orbitare un pianeta di massa apprezzabile. Se i grandi matematici del nostro tempo cercassero di calcolare l’orbita da questi afeli dubito che possano avere successo; >> Naturalmente Lovecraft non aveva i mezzi tecnici per verificare la sua ipotesi, ma invitava gli astronomi suoi contemporanei a cercare un nuovo pianeta lungo la fascia dell’eclittica, impiegando la stessa tecnica utilizzata per gli asteroidi. Evidentemente, aveva a disposizione un elenco delle comete allora conosciute, con tanto di elementi orbitali, e aveva tracciato un diagramma con la posizione dei perieli in funzione della distanza dal Sole. In effetti la concentrazione di afeli a 50 UA è davvero presente. Tutto sommato, niente male per una persona che detestava la matematica e la geometria.
Ma Lovecraft e l’ipotetico pianeta trans-nettuniano erano destinati ad incrociare ancora le loro storie. Nel febbraio 1930, circa un mese prima che venisse resa nota la scoperta di Plutone, Lovecraft inizia a scrivere uno dei suoi racconti più belli, “The Whisperer in Darkness” (tradotto in italiano con il titolo: Colui che sussurrava nelle tenebre, [4]). Il racconto si suddivide in due parti. Nella prima, il protagonista (Albert N. Wilmarth, docente di letteratura inglese e appassionato studioso del folklore locale alla Miskatonic University di Arkham, Massachusetts) ha un rapporto epistolare con Henry Akeley, un gentiluomo di Townshend nel Vermont, che sostiene di essere entrato in contatto con una razza aliena che si nasconde nelle foreste e nelle montagne attorno alla sua fattoria. A supporto della sua tesi Akeley invia a Wilmarth la registrazione fonografica di una conversazione fra umani e alieni e alcune foto delle impronte delle misteriose creature. Nella seconda parte Wilmarth, impressionato dal materiale ricevuto, va a fare visita ad Akeley e si rende conto che è tutto vero! Quando arriva, Akeley è già stato rapito dagli alieni ed è pronto per essere mandato sul loro pianeta di provenienza, Yuggoth. Lo stesso Wilmarth si salva a stento dal fare la stessa fine, con una roccambolesca fuga dalla fattoria infestata dagli alieni. Il racconto venne concluso nel settembre 1930 e pubblicato sulla rivista di racconti horror e fantastici “Weird Tales” (Strani Racconti) nell’agosto 1931. In The Whisperer in Darkness, Lovecraft identifica Yuggoth con Plutone che, appunto, era stato appena scoperto. Narra infatti Wilmarth, alla fine della sua avventura [4]: <<Quelle colline selvagge sono certamente l’avamposto di una terribile razza cosmica: non ho più il minimo dubbio, dopo avere letto della scoperta di un nono pianeta più lontano di Nettuno, evento questo predetto esattamente da quei mostri. Gli astronomi, senza rendersi affatto conto di quanto sia appropriato quel nome, lo hanno chiamato Plutone. Sento, senza nutrire il minimo dubbio, che di altro non si tratta se non di Yuggoth, il mondo avvolto nelle tenebre….>>. Da questo racconto è stato tratto un omonimo film che ha visto la luce nel 2011, prodotto da Sean Branney, Andrew Leman e David Robertson, distribuito dalla HP Lovecraft Historical Society [5]. Quello che Lovecraft non poteva sapere è che in realtà Plutone è un corpo celeste troppo piccolo e inospitale per essere il mondo di una civiltà aliena, a meno che questa non provenga da un sistema extrasolare che possegga un pianeta abitabile e Plutone funga semplicemente da “base di appoggio”. Tutto sommato, forse Wilmarth è stato un po’ precipitoso ad identificare Plutone con Yuggoth!
The Whisperer in Darkness è un racconto scritto senza fronzoli o divagazioni e, nel complesso, è abbastanza plausibile. L’Universo non viene visto come un luogo da esplorare ricco di opportunità, ma come sede di alieni che perseguono i loro scopi incuranti dell’umanità, da cui stare il più possibile alla larga. L’annuncio della scoperta di Plutone, il cui nome venne ufficialmente conferito il 1° maggio 1930, deve avere molto colpito Lovecraft se decise di inserirlo nel suo racconto. Certamente, dovette ricordarsi della sua lettera scritta 24 anni prima all’Editor di “Scientific American”. In effetti l’utilizzo della concentrazione degli afeli delle comete per la ricerca di pianeti trans-nettuniani è una tecnica utilizzata tuttora. Le comete sono corpi di piccola massa, soggetti alle perturbazioni gravitazionali di tutti i corpi del Sistema Solare e quindi dei “marcatori” molto promettenti per la ricerca di eventuali nuovi pianeti sufficientemente massicci eventualmente presenti oltre Nettuno. Purtroppo, la presenza di un certo numero di comete con afelio a circa 50 UA non può essere dovuta ad un corpo planetario sconosciuto. Infatti, a circa 50 UA termina bruscamente la Fascia di Kuiper (la cui scoperta risale al 1992 quando fu individuato l’asteroide 1992 QB1), l’insieme dei corpi trans-nettuniani di cui Plutone è uno dei membri maggiori. Se ci fosse un pianeta di massa apprezzabile la fascia ne risulterebbe fortemente perturbata e avrebbe un confine posto a distanze inferiori dal Sole. Un corpo di taglia planetaria, delle dimensioni di Marte o della Terra, è invece ancora possibile per distanze superiori, attorno alle 100 UA dal Sole [6]. Nel 1999 due gruppi di ricercatori hanno sostenuto di avere la prova della presenza di un pianeta sconosciuto nel Sistema Solare grazie all’allineamento su un arco di cerchio delle direzioni degli afeli delle comete di lungo periodo. Tuttavia, le comete scoperte sono soggette ad effetti di selezione (bias). Questi includono anomalie dovute all’eccesso di osservatori nell’emisfero nord rispetto a quello sud, bias stagionali e diurni, effetti direzionali che rendono più difficile scoprire comete in alcune regioni del cielo. Per questo motivo è difficile analizzare i dati odierni e vi è quindi la necessità di avere un campione di comete di lungo periodo che sia libero da effetti di selezione. Dati completi di questo tipo potranno essere forniti dal satellite Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea che verrà lanciato nella primavera del 2013. Gaia dovrebbe permettere la scoperta di circa 1000 comete di lungo periodo nel corso della sua missione di 5 anni. Dall’analisi della distribuzione degli afeli cometari uscirà qualche indicazione sull’esistenza del vero Yuggoth? Sarebbe veramente simbolico chiamare con questo nome, uscito dalla fervida fantasia di Lovecraft, l’ipotetico corpo planetario trans-nettuniano che gli astronomi dovessero trovare ai confini del Sistema Solare.
Bibliografia
[1] De Turris G., Fusco S. (a cura di), L’orrore della realtà (lettere 1915-1937), Ed. Mediterranee, Roma (2007).
[2] H.P. Lovecraft’s Interest in Astronomy, http://www.hplovecraft.com/life/interest/astrnmy.asp
[3] Lettera di Lovecraft a Scientific American: http://4.bp.blogspot.com/_QKWok61IOLw/TAUVjiMuwHI/AAAAAAAAKNc/uROnCWuPaxw/s1600/Lovecraft+Scientific+American+2.jpg
[4] Pilo G., Fusco S. (a cura di), I miti di Cthulhu, Newton, Roma (1995).
[5] Sito Web del film “The Whisperer in Darkness”, http://cthulhulives.org/Whisperer/trailer.html
[6] Schilling G., Caccia al Pianeta X, Springer-Verlag Italia, Milano (2010)