Finchè filosofia e scienza erano ancora indifferenziate (ovvero fino a Galileo Galilei), tra le fila dei filosofi incontriamo grandi pensatori che hanno contribuito all’evoluzione del pensiero umano (citiamo Guglielmo da Occam come esempio solo per brevità, senza voler far torto ai tanti altri!)
Successivamente a Galileo, chi si è dedicato alla conoscenza razionale del mondo è passato alla storia come scienziato, mentre la filosofia ha continuato a raccogliere pensatori interessati per lo più ad altre forme di speculazione.
Tra questi ultimi, Hegel è uno dei più noti, vissuto tra Settecento ed Ottocento.
Nel 1801, il celebre filosofo tedesco presentò una tesi di astronomia per entrare come lettore nell’universià di Jena, dal titolo “De orbitis planetarum”.
Nella sua dissertazione filosofica, Hegel esponeva vari ragionamenti di pura numerologia in base ai quali sosteneva che non poteva esistere un corpo sconosciuto in orbita attorno al Sole tra Marte e Giove.
Possiamo solo immaginarci quale fu la sorpresa del grande filosofo quando gli fu fatto notare, in sede di discussione, che l’astronomo italiano Giuseppe Piazzi aveva appena scoperto un pianeta su quell’orbita…
Si trattava, come si sa, di Cerere, primo e più grande asteroide di Fascia Principale, oggi considerato pianeta nano, che sarà seguito dalla scoperta di circa un altro milione di corpi celesti orbitanti attorno al Sole (tra i quali il pianeta gigante Nettuno).
Il vero grande demerito di Hegel fu quello di voler dedurre da ragionamenti “filosofici” delle caratteristiche del mondo fisico. Un approccio supremamente anti scientifico che si riassume nella posizione “tanto peggio per i fatti“.
Il duca di Sassonia Ernst von Sachsen-Gotha mandò al proprio astronomo di corte Franz von Zach una copia della tesi di Hegel, aggiungendo una simpatica annotazione latina: Monumentum insaniae saecului decimi noni, ovvero “Monumento alla follia del diciannovesimo secolo”.
Un’eco di questa zoppìa intellettuale si ritrova nel sorprendente racconto di Edgar Allan Poe “Manoscritto trovato in una bottiglia” del 1831, dove viene attribuita in generale ai “filosofi tedeschi”. Il suo protagonista, che impersona il carattere di acuto osservatore del mondo, positivo e scientifico, ideale dell’autore, mentre racconta di sè le proprie attitudini ed esperienze, dà vita alla seguente frase, colma di ironia fin quasi a risultare comica:
«Sopra ogni altra cosa, mi dilettavano le opere dei filosofi tedeschi: non per sconsiderata ammirazione della loro follia eloquente, ma per la facilità con cui l’abituale rigore del mio intelletto mi consentiva di scoprirne le falsità»
Poe aveva una cultura scientifica ed un acume fuori dal normale e per lui era facile individuare le fallacie in una argomentazione. È possibile farlo ancora oggi, naturalmente. Aggiungiamo perciò al presente contributo un articolo a firma di Roberto Vacca, apparso su Maxi Lancio Story Skorpio il 25 febbraio 2019 (circa un anno dopo la nostra pubblicazione) e che il noto scrittore, facendo riferimento ad Hegel, commenta così:
«Taluno potrà dire che arrivo tardi, ma pare ci siano ancora pensatori che lo prendono sul serio. Servano i miei argomenti come ulteriori chiodi sulla sua bara.»
Dimenticare Hegel, di Roberto Vacca, pubblicato da SKORPIO 25/2/2019
«“Hegel, il Grande Filosofo, era un ciarlatano testa-piatta, insipido, nauseante, illetterato. Raggiunse il sommo dell’audacia scribacchiando pagine folli e prive di senso.”
Se questa opinione di Schopenauer fosse stata ascoltata, molte scuole e accademie non sarebbero state tristemente dominate da tanti hegeliani. Benedetto Croce (hegeliano) concludeva un suo saggio del 1907 sostenendo che prima di criticare Hegel bisogna leggere i suoi libri. Aveva ragione. Io, invece, commisi il grave errore, di pubblicare più di una volta le righe seguenti (che avevo tratto da vari siti in rete) di cui ignoro l’autore originale:
Hegel nel 1801 scrisse una dissertazione dottorale in cui dimostrava che – per ragioni logiche – nel sistema solare ci dovevano essere 7, e solo 7, pianeti: intanto l’astronomo Piazzi a Catania ne scopriva un ottavo: il piccolo pianeta Cerere.
Non avevo letto quella dissertazione di Hegel. Ora ne ho letto gli oltre 20.000 caratteri e faccio ammenda. Nella Parte III Hegel scrive che le distanze dei pianeti dal sole suggeriscono una progressione aritmetica “di cui la filosofia non si interessa” e nota che nella successione manca un pianeta che dovrebbe esserne il quinto membro sito fra Marte e Giove – come Cerere. Dunque la scoperta di Piazzi non dovette sorprenderlo. Aveva trovato quella progressione -approssimativa: 1, 2, 3, 4, 9, 8, 27 – nel dialogo di Platone “Timeo” – e aveva sostituito 16 a 8 per far tornare i conti. Si rendeva conto del fatto che i conti del Timeo non si riferivano affatto ai pianeti. Sosteneva, però, che quelle regolarità non possano essere solo un dato sperimentale: “i numeri della natura non possono essere alieni dalla ragione”. Questa sua frase è priva di senso ed era insensato anche cercare razionalità nel vecchio testo platonico – pieno di assurdità come “gli uccelli discendono da uomini i cui capelli sono diventati penne”; “i quadrupedi discendono da uomini non filosofi”.
La dissertazione contiene asserzioni folli, come “la filosofia può dedurre a priori ciò che il metodo sperimentale cerca di scoprire da esperimenti con successi falsi e infruttuosi.”
Hegel, dunque, ha fatto ben di peggio di quanto gli attribuiva quel disinformato critico anonimo. Prendeva in giro Newton, senza averne capito le innovazioni logico-sperimentali con cui creò la scienza moderna. Usava i termini “forze centrifughe e centripete”, “potenziale”, “linea”, “magnetismo”, “materia morta”, “attrazione”, “impulso”, “coesione” – senza aver capito le definizioni dei fisici di alcuni termini, e senza definirne altre.
Le rare affermazioni comprensibili che scrive, sono false. Esempio: “la forza di gravità è maggiore all’equatore e alle basse latitudini”. Invece è minore a causa della maggior distanza dal centro della terra e della maggior forza centrifuga. Hegel sostiene che alle alte latitudini “c’è meno materia” – come se la forza di gravità fosse perpendicolare all’asse terrestre e non diretta verso il baricentro. Altro esempio: “il peso di un corpo dipende dalla sua forma oltre che dalla sua massa”.
Non si può parlare di falsità, quando le frasi della dissertazione sono prive di senso comune come le seguenti:
“Il tempo quando riferisce la sua propria produzione allo spazio, genera una linea: è lo spirito che genera sè stesso – anche se in forma soggettiva – e si rivela in sé stesso, assumendo forma completa e naturale, transitando nel proprio opposto, lo spazio e generando il piano, privo di ogni altra differenza, dato che non ne abbiamo asserita alcuna, a parte l’estensione e la mente, ed è un quadrato”.
“Un corpo, dopo tutto, non è altro che la manifestazione di una forza fisica o di un’idea vera.”
“La scienza della meccanica non offre altro concetto di base della materia, se non la morte che chiama “inerzia” o indifferenza sia al moto, sia alla quiete.”
Hegel è stato annientato da V. Pareto, nella “Sociologia Generale”, da K. Popper in “La società aperta e i suoi nemici”. Quanto scrivo sopra aggiunge chiodi alla sua cassa da morto. Ho riletto passi della sua “Enciclopedia delle scienze filosofiche”. In centinaia di pagine le frasi prive di senso sono molte. Non vale la pena di individuarle e citarle. Meglio ignorarle.
Alcuni studiosi di fama hanno analizzato analogie e derivazioni degli scritti di Hegel da testi ermetici. Sono risaliti a Giordano Bruno e ad altri. Mettere in luce le antiche ispirazioni di queste assurdità potrà essere divertente per qualcuno. È più utile combattere le insensatezze che continuano a essere proposte. Procedere sulla via della ragione è arduo e crea avversari e nemici. Io ed altri riteniamo sia l’unica possibile.»
[ Paolo Colona ]
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