Studiando l’antichità si finisce con lo studiare Astronomia. Questo emerge dalla lezione di Astronomia Culturale tratteggiata nelle parole di uno dei più famosi filologi di sempre.
Luminare per la lingua e cultura antica, Diels sottolinea l’impatto che le conoscenze astronomiche più antiche già prima dei Greci ebbero nel linguaggio umano.
Luminare per la lingua e cultura antica, Diels sottolinea l’impatto che le conoscenze astronomiche più antiche già prima dei Greci ebbero nel linguaggio umano.
«La scienza fa parte del più antico patrimonio culturale dell’umanità. Essa inizia con l’osservazione del cielo per la determinazione del tempo. I nostri antenati indoeuropei possedevano già i principi della scienza astronomica. Così infatti denominarlo la Luna perché essa costituiva la misura Luna e mese sono in tedesco come in altre lingue Indoeuropee lo stesso [indoeuropeo *men-s, *meno-s/t- (latino mensis, greco dorico mes da mens, mene da mensa; tedesco Mond, Monat); la Luna è propriamente ‘misura del tempo’].
Ma altri popoli primitivi erano già più avanti. Già 5000 anni avanti Cristo pare che in Egitto come in Mesopotamia si fosse ormai osservato anche il corso annuale del sole e lo si fosse adeguato al computo dei mesi. Ma per quante osservazioni sugli astri si fossero pur fatte nella valle del Nilo come in quella dell’Eufrate, alla filosofia non vi si giunse. Non vi si seppe ricondurre ad una forma scientifica i grandi problemi: cielo e terra Dio e il mondo corpo e anima problemi che agitano ancora oggi l’umanità pensosa. Non negli antichi testi vedici degli Indi, nella letteratura babilonese, né nei geroglifici dell’Egitto si ritrova ciò che i Greci denominarono filosofia. È una conquista dello spirito ellenico quella di riassumere il variopinto mondo dei fenomeni in una unità. Gli incunabuli della filosofia sono stati scritti nel sesto secolo avanti Cristo in Ionia, a Mileto. Ha una speciale attrattiva, dall’alto della nostra civiltà, guardare indietro a questa aurora della scienza che risplendette allora nella padre di Omero […] Ed io mi considero fortunato per il fatto che mi è stato concesso di aver potuto dedicare la parte migliore delle mie forze ai Presocratici»
Ciò che colpisce di più è che sia giunto a queste conclusioni un uomo che ha dedicato la sua vita a scrittori e filosofi greci e non si è occupato specificamente a scienze legate all’astronomia.
Questo dovrebbe essere il miglior monito per gli antichisti sul fatto che il mondo e la mentalità antica si può comprendere completamente solo con la conoscenza dell’astronomia e che questa costituisce uno strumento fondamentale per studiare la cultura antica.
Questo dovrebbe essere il miglior monito per gli antichisti sul fatto che il mondo e la mentalità antica si può comprendere completamente solo con la conoscenza dell’astronomia e che questa costituisce uno strumento fondamentale per studiare la cultura antica.
[Il testo di Diels è tratto da Hermann Diels, Anaximandros von Milet, una delle conferenze tenute in Danimarca e Svezia nella primavera del 1922; il grande maestro morirà il 4 giugno di quell’anno; l’articolo fu pubblicato postumo in «Neue Jahrbb. für das klass. Altertum, Gesh, u. deutsche Lit.» 51, 1923, p. 65, p. 75; ora anche in Kleine Schriften zur Geschichte der antiken Philosophie, hrsgb. von W. Burkert, Hildesheim 1969, p. 1, p.11.]
Il testo di Diels e la nota bibliografica sono tratte dal seguente libro, che ha adottato per quella pagina proprio il titolo “Le Ultime Parole di Hermann Diels”: I Presocratici – Testimonianze e Frammenti, da Talete a Empedocle, a cura di Alessandro Lami, BUR.
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